martedì 9 luglio 2013

Scacco da matti

di Enrico Testino

(pubblicato originariamente su https://www.facebook.com/enrico.testino)

Lagaccio. Un altro muro che può crollare. Anzi, già crollato in due punti. Sopra a dei giardini di abitazioni private. “Modello” via Dassori.

C’è qualche scusa per chi non interviene? Sono convinto della buona fede di tutti ma è evidente… che qualcosa di grave sta accadendo nella gestione della città.

Con questa comunicazione faccio una pausa dai grandi temi del Lagaccio ai quali ci stiamo dedicando con tante persone per sottoporre, a titolo personale, un “piccolo” problema, che rappresenta tuttavia una cartina di tornasole dello stato di abbandono gestionale della città e che può trovare suoi corrispettivi in tutti i piccoli, grandi e grandissimi “muri” da ristrutturare a Genova.

Le foto che vedete in allegato riguardano un muro, lungo circa 100 metri, di Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio. Un muro che già 4 anni fa portammo, come gruppo di cittadini, all’attenzione degli Assessori di allora (oggi cambiati) e della pletora di tecnici comunali competenti (molti dei quali ancora, senza soluzione di continuità, sono oggi al lavoro in Comune).
Nessuno dei referenti istituzionali di allora seppe porre rimedio al pericolo, pur con alcuni anni di lavoro davanti. Nessuno degli attuali amministratori ha saputo porci rimedio, pur con un anno di lavoro alle spalle.

In questo caso “porre rimedio” significherebbe anche solo mettere in veloce sicurezza il muro, fare un intervento, non dei migliori, che tolga l’emergenza, se non addirittura, e sperabilmente, rimettere mano al muro nel suo complesso.
Vi risparmio il “rosario” di promesse, di soldi dati per trovati, annunciati, stanziati per rifare il muro e poi spariti senza mai sapere da quali urgenze siano stati assorbiti.
Resta il fatto che nessuno, tranne alcuni di noi, residenti nelle vicinanze, ci ha messo la testa e l’impegno. Ovviamente la situazione è peggiorata e alcune persone continuano a rischiare la vita e la salute.

Da questo fatto è facile rimbalzare al silenzio preciso, netto, sostanziale che ci si trova davanti ultimamente nella quasi totalità dei percorsi di cittadinanza attiva in cui mi trovo a partecipare, promuovere, osservare in città.  Nell’ultimo anno al Lagaccio, con una rete di molti singoli cittadini e praticamente tutte le realtà sociali significative della zona, abbiamo posto domande e richieste per il quartiere, abbiamo urlato, promosso e svolto un incontro con i capigruppo del consiglio comunale, due commissioni urbanistiche, assemblee pubbliche, lettere, mail per proposte e richieste sia grandi (come per la variazione del PUC della Gavoglio con 450 osservazioni consegnate e numerose azioni di richiesta) che minute (come per l’utilizzo di alcuni spazi e strutture). Mai una risposta, mai una soluzione.
Tra le altre cose a febbraio ponemmo in commissione urbanistica anche quesiti e richieste sulla sicurezza della viabilità della zona e dei muri della Gavoglio prima che crollasse parte del muro di via Ventotene.

Penso che la pubblica amministrazione, i cittadini, le realtà sociali siano diversi aspetti della stessa comunità. Non parti lontane e contrapposte come sono percepite oggi. Nelle istituzioni dimorano molti amici e persone che conosciamo. Quindi ancora di più questo immobilismo fa paura. Fa paura perché si capisce che non fa parte dei costumi dei singoli ma è una situazione più grande e paludosa. Perché sembra non avere ragioni se non, forse, che la vita dei partiti, lo sforzo di mantenere il proprio posto al governo della città, il gigantismo delle relazioni tra gruppi di potere, sia diventato così esondante che occupi semplicemente e prepotentemente tutto il tempo disponibile di chi si trova a lavorare nelle istituzioni. Ho visto troppe persone diventare incomprensibili, una volta entrati nelle reti che hanno il potere di decidere le sorti della città, per non convincermi  che questo straniamento accadrebbe a me e a ognuno di noi una volta entrati nel sistema generale istituzionale.

Alla fine, tornando al fatto iniziale, anche noi cittadini, frustrati e demotivati, ci siamo dimenticati per anni del muro pur avendolo vicino a casa. Non abbiamo neanche la responsabilità formale di possibili incidenti e quella morale la abbiamo esercitata. Noi, solo noi, potremmo, legalmente, fregarcene.
La domanda che si sta ponendo a tutta la città, cittadini e amministratori è semplice: che facciamo?
Sta aumentando ovunque una esigenza di partecipare, essere protagonisti, colmare quel vuoto che la democrazia rappresentativa ha mostrato. D’altra parte la crisi aumenta le impossibilità di intervento manutentivo o progettualee la crisi della politica aumenta l’incapacità di agire. Dobbiamo tutti rientrare nell’orizzonte, più semplice e soddisfacente, della propria vita, o è il caso di attivarci tutti per una sorta di “stati generali” della partecipazione?
Esistono, da una parte, alcuni assessori che hanno la dichiarata delega alla “partecipazione”, dall’altra esistono decine di reti, associazioni, comitati, singoli che portano avanti proposte , progetti, richieste di miglioramento con una fatica immane e con risultati risibili. Anzi, con risultati dannosi che si traducono nelle sempre maggiore sfiducia nella propria comunità.

Per aprire un cammino e un futuro vicino e migliore ci vorrebbero due tipi di risposte da parte del Sindaco e della giunta. Una risposta politica, alta, istituzionale che decida di avviare percorsi aperti alla cittadinanza permettendogli di esercitare quella sana pressione e azione verso la città. Che permetta alle competenze presenti nei quartieri, nelle comunità, di guidare la gestione dei territori, di riempire maggiormente di senso i progetti e la gestione cittadina. Di mettere il centro operativo della regia dei diversi progetti urbanistici della città nei quartieri e non nelle stanze complicate e complicanti dei “Palazzi”.
Una risposta che decida di delegare parte delle decisioni a percorsi condivisi rinunciando a un poco di quel potere assoluto che la delega elettorale ha dato (con circa il 25% degli aventi diritto) al sindaco attuale. Una risposta che permetta alla pubblica amministrazione di “utilizzare” e mettere a frutto la vitalità e la competenza di migliaia di persone.

L’altra risposta, quella da cui si potrebbe ripartire, molto più difficile e da scomporre e replicare in migliaia di piccole risposte, è dolorosa anche solo da sperare, una tremenda sfida che manco i cavalieri medioevali avrebbero affrontato: mandare due tecnici a riparare e mettere in sicurezza il muro. Chiedendo scusa del ritardo.

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio

Vico Chiuso 5 Santi, Lagaccio